Lettera di una giornalista condannata a morte a suo figlio
Mariam Abu Dagga è una dei cinque giornalisti poche ore fa uccisa a Gaza: dove i reporter scrivono lettere-testamento.
La lettera che state per leggere è quella scritta dalla giornalista Mariam Abu Dagga indirizzata al figlio Ghaith. Mariam Abu Dagga è una dei cinque giornalisti poche ore fa uccisa a Gaza. Scriveva lanci di agenzia per la “Associated Press”, sin dall’inizio dell’aggressione Israeliana seguita all’attacco terroristico del 7 ottobre 2023. Inoltre lavorava per “Independent Arabia”, che sarebbe l’edizione araba del prestigioso “The Independent”.
Ho perso il conto di quanti giornalisti a Gaza siano stati uccisi: sicuramente più di 200 e meno di 300.
La guerra decisa dal criminale contro l’umanità Benjamin Netanyahu funziona così: usare la fame come arma e uccidere i reporter. Quelli indipendenti, ovviamente. Poi ci sono gli influencer suoi amici, che invece sono convocati per diffondere fake news.
Tra i giornalisti al soldo del sanguinario governo israeliano e quelli non prezzolati, quelli che fanno come si deve il loro mestiere, quelli che prestano i loro occhi a noi tutti, c’è una grande differenza ed è la seguente. I giornalisti veri, quelli che hanno la missione della verità sanno che lo fanno a rischio della vita, che diventano obiettivi di Israele e, di conseguenza, spesso lasciano delle lettere per i loro cari da aprire in caso succeda loro qualcosa. Eufemismo per dire: quando vengono uccisi.
Le righe che seguono sono quelle scritte nella lettera-testamento da Mariam Abu Dagga. Quelle che seguono sono le righe scritte nella sua lettera-testamento da una madre a suo figlio.
«Ghaith, cuore e anima di tua madre, ti chiedo di non piangere per me, ma di pregare per me, così che io possa restare serena.
Voglio che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio.
Non dimenticare che io facevo di tutto per renderti felice, a tuo agio e in pace, e che tutto ciò che ho fatto era per te.
Quando crescerai, ti sposerai e avrai una figlia, chiamala Mariam come me. Tu sei il mio amore, il mio cuore, il mio sostegno, la mia anima e mio figlio – colui che mi fa alzare la testa con orgoglio.
Sii sempre felice e conserva una buona reputazione. Ti prego, Ghith: la tua preghiera, poi ancora la tua preghiera, e poi ancora la tua preghiera».