Le “olimpiadi israeliane”
Leggo che c’è chi propone che gli atleti israeliani vengano esclusi dalle prossime Olimpiadi.
Il senso è evidente: è non volere che la partecipazione e ancor più eventuali vittorie siano sfruttate dal governo Netanyahu con finalità propagandistiche.
Che è un po’ quel che avviene ogni volta che un atleta vince una medaglia: paginate e paginate di orgoglio nazionale e un po’ nazionalista.
Che in alcuni Paesi è anche sensato, visto che c’è una sorta di sistema nazionale che porta alla sportiva eccellenza, in altri - l’Italia per esempio - nella maggior parte dei casi gli atleti vincono nonostante gli ostacoli fattuali che il proprio Stato agli sportivi mette.
Ma tant’è. Ora il problema è che non si capisce chi e perché dovrebbe impedire a Israele di mandare la propria rappresentanza sportiva. È evidente che la questione è un tantino complicata.
Viceversa sarebbe molto più facile che i Paesi contro l’eccidio israeliano dei palestinesi, ritirassero i propri atleti, boicottando le Olimpiadi.
Certo bisognerebbe spiegare ai propri campioni, che da anni si allenano per la regina delle competizioni, che si sono allenati per nulla.
Storicamente le Olimpiadi sono la competizione che segnava la cosidetta “tregua olimpica”: in sostanza, per partecipare, toccava deporre le armi.
E se facessimo - nelle Olimpiadi moderne non ci si è mai riusciti - che qualsiasi Paese sia in guerra o la guerra finanzi o che con uno dei belligeranti sia complice, non potesse partecipare alle Olimpiadi?
Certo la lista degli esclusi sarebbe lunghetta e della lista l’Italia, di Giorgia Meloni e di Leonardo SPA, ne farebbe a pieno titolo parte.
Che ne dite? Facciamo così?