La Flotilla va e Gaza è sempre più vicina
La Flotilla non affonda. Borbotta. Eccome se lo fa. Ci sono litigi, incomprensioni, separazioni dolorose. Certo. Ma a Gaza sta andando e lì farà di tutto per andare.
Anzi stanno andando. Stanno andando le Flotille, che sono più di una, però più di tutte stanno andando centinaia di persone.
Ecco: le persone. Io, come sapete, ero sulla bella Vessel Press, il vascello della stampa internazionale, fino a che il motore destro non è andato e la missione si è necessariamente fermata.
Per questo motivo posso raccontarvi, anzi voglio raccontarvi le persone. Le persone sono donne e uomini che si sono messi in viaggio non sapendo l’esito. Non l’esito del viaggio, cioè non se arriveranno o no a Gaza, ma quale destino li attende.
Cosa faranno gli israeliani. Spareranno? Arresteranno? Affonderanno? Lasceranno passare?
Sapete cosa vuol dire stare in dodici metri di barca e da fine agosto, se non prima, esser lì a interrogarsi: che ci accadrà?
Il coraggio è facile da dietro una tastiera, soprattutto quello dei leoni che insultano o mandano i peggiori auguri di morte.
Il coraggio quando ti imbarchi per Gaza, quando sei su una barca che veleggia, non è così scontato. Non si è sempre così fermi. Non si è sempre del migliore degli umori. Non è sempre facile. Non sempre riesci a sorridere in videochiamata. Non sempre riesci a dirti la frase giusta.
Quindi nella Flotilla qualcuno s’incazza o perde un attimo la bussola? Ci sta. Fa parte dell’essere umano. Però vedete, quelli che sono su quelle barche, sono attualmente i più umani di tutti e noi oltre ad aiutarli non possiamo fare.
E uno degli aiuti è anche non cedere alla provocazione gossippara che racconta di chissà quali frizioni. La Flotilla va, va a Gaza e va anche per noi che ruggiamo da qui.