Il governo Meloni non ama la Costituzione
L'imam Mohamed Shahin torna libero e Giorgia s'incazza
La vicenda di Mohamed Shahin ci dice tutto quel che c’è da sapere sulla separazione delle carriere: quella voluta da Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Licio Gelli ed avversata da tutte le persone di buon senso.
Un passo alla volta. Alcuni ricorderanno che l’imam di Torino era finito in un centro di prima accoglienza, premessa della sua espulsione in Egitto, con un atto firmato dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Il motivo? Un suo intervento al megafono in piazza Castello, durante una manifestazione per festeggiare il cessate il fuoco a Gaza, nel quale, testuale, l’imam aveva detto: «Quello che è successo il 7 ottobre non è una violazione, non è una violenza».
La Corte d’Appello del capoluogo di Torino si è ora espressa con una sentenza chiarissima: quelle parole non bastano a formulare un giudizio di pericolosità in uno Stato di diritto». «Sono da ritenersi pienamente lecite in quanto rientranti nell’alveo degli articoli 21 della Costituzione e 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».
Cosa c’entra con la divisione delle carriere? Beh c’entra leggendo la reazione di Giorgia Meloni, il cui Ministro è stato sostanzialmente accusato di aver violato la Costituzione italiana: «Qualcuno mi può spiegare come facciamo a difendere la sicurezza degli italiani se ogni iniziativa che va in questo senso viene sistematicamente annullata da alcuni giudici?».
Eccoci qui, la magistratura piegata al diritto non piace proprio a chi la vorrebbe piegata ai pruriti politici, alle campagne propagandistiche, alla pancia della piazza.
La separazione delle carriere questo prevede, che la magistratura inquirente risponda a un ministro, quello della Giustizia, quello al quale Giorgia Meloni, e dopo di lei chi prenderà il suo posto, impartisce ordini. Come a certi cani da guardia, cui il padrone dice «attacca» e loro attaccano.



