I soliti noti
Qual è l’aspetto più sconcertante della storiaccia di Milano, quella del quindicenne accerchiato e costretto a spogliarsi, nonché a “fare un bancomat”, a uno sputo dal centrale Corso Buenos Aires?
Non tanto, o meglio non solo, la minor età di quasi tutta la banda, non tanto la nazionalità dei suoi componenti, men che meno che tra loro ci fosse una ragazza, l’aspetto più sconsolante è che erano già noti alle forze dell’ordine per analoghe aggressioni.
A braccetto con questa notizia, l’altra: erano strafatti e la rapina l’avevano messa in piedi proprio per continuare a farsi.
Siamo ai margini, dei margini, della società e, la recidività, dimostra che tutto questo fingiamo di non vedere, tanto da non occuparcene.
Se dei ragazzini di diciassette anni sono noti alle forze dell’ordine, è sicuro che sono anni che delinquono o - se preferite la cruda verità - sono anni che delinquono e non siamo riusciti a “salvarli”.
È così che sono finiti tra i “sommersi” e di essere “sommersi” ne sono più che consapevoli.
Attenzione, non si tratta di giustificare. Rapini un ragazzino, sei un delinquente. Nessuna attenuante, nessuna giustificazione. Ma il tema è: e per noi che la storiaccia già scritta non siamo riusciti - probabilmente manco ci abbiamo provato - a riscrivere, a scriverne un “lieto fine”, che attenuante, che alibi, che giustificazione abbiamo?




Vero, é il peggior fallimento per una società che si ritiene superiore. I valori si sono capovolti, contano i soldi, tutto il resto è ad appannaggio dei perdenti. Se fossi credente direi, mea culpa mea massima culpa. La mia generazione dovrebbe farsi un esame di coscienza.