Quella che sto per raccontare è la storia di una donna ammazzata dal suo ex compagno. E l’avevo iniziata proprio con la cruda cronaca.
Però così come l’avevo scritta non andava bene, perché in realtà la cuoca del ristorante «Bodà Steakhouse» di Foggia, l’ha ammazzata il suo ex compagno, ma con la nostra complicità. Della nostra Italia che sta sempre più perdendo il significato di sé.
Se noi, noi tutti, non andiamo in giro armati fino ai denti è solo e soltanto perché abbiamo tra tutti noi siglato un patto. Il patto più o meno dice che non ci dobbiamo difendere da soli, ma affidiamo alle istituzioni la nostra difesa, la tutela della nostra vita.
Hayat Fatimi ha fatto proprio così: si è affidata alle istituzioni italiane. Ha denunciato, segnalato, allertato. E tutti sapevano che il suo ex compagno, che spesso l’aspettava sotto casa, che la minacciava con i coltelli, che la rivoleva indietro come un oggetto, non riavendola indietro, prima o poi, l’avrebbe ammazzata.
Il suo assassino aveva un divieto di avvicinamento con tanto di obbligo di indossare un braccialetto elettronico, quello che serve per segnalare alle forze di polizia, se il potenziale assassino si sta avvicinando alla potenziale vittima. Braccialetto mai applicato, per surreali problemi tecnici.
Nella notte tra il 6 e il 7 agosto, Tariq El Mefedel ha pugnalato, uccidendola, Hayat Fatimi. L’ha uccisa perché l’Italia glielo ha permesso. Siamo complici anche di questo femminicidio… e forse proprio così doveva iniziare questo mio pezzo.