Milano paradiso fiscale: a questo siamo arrivati.
A dircelo è il Financial Times e ce lo dice proprio in questi termini: per via di una legge Renzi, chi ha tanti soldi sceglie l’Italia perché per i grandi patrimoni è la patria del bengodi.
E se scegli l’Italia, a quanto pare, scegli Milano.
Tutto bene? No, perché non sta succedendo quel che dotti scienziati economici ci hanno spiegato per anni e cioè che se vivi di fianco a un ricco - per una sorta di sistema di vasi comunicanti - diventi ricco pure tu.
Succede, invece, quel che sta accadendo da Expo in poi in maniera sempre più marcata, che se la città diventa cara, chi non sta al passo, ne viene espulso.
A Milano è in corso una sostituzione sociale e, stando alle intercettazioni sul caso urbanistica, sta avvenendo con il bene placito di una parte del ceto politico che la città governa o meglio, come si dice oggi, “rigenera”… degenerandola.
Le radici di quanto sta accadendo sono lontane: qualcuno ricorda la "Milano da bere" degli anni'80? Si trattava di un decennio caratterizzato dalla percezione di benessere diffuso, dal rampantismo arrivista e opulento ostentato dai ceti sociali emergenti e dall'immagine "alla moda".
In politica imperava il socialismo "new age", corrotto e corruttore, di Bettino Craxi, che aveva in Milano il suo feudo e i suoi più fedeli scherani.
Da allora ad oggi è cambiato tutto, eppure - come ne "Il Gattopardo" - non è cambiato nulla: al posto di Craxi il sindaco Sala con i vari assessori e faccendieri compiacenti, al posto della "Milano da bere" il mito della "Milano smart town" (moda, finanza a go-go, lusso per chi può".
E chi non può? Vada a farsi fottere altrove: la "Milan col coeur in man" è morta.