Attacco difensivo alla Russia
La ricetta della NATO: una guerra preventiva per prevenire una guerra
Non si capisce se ci stiamo costruendo un alibi per una possibile sconfitta o, viceversa, se stiamo cercando di giustificare qualcosa di anticostituzionale con il pretesto della guerra alla Russia.
Decidete voi in quale chiave leggere le dichiarazioni dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comitato Militare della Nato, rilasciate al Financial Times.
«La Nato sta valutando un attacco preventivo contro la Russia», senonché uno dei problemi è che i Paesi della Nato hanno «molti più vincoli rispetto ai nostri avversari, a causa di etica, leggi e giurisdizione».
Tutto bene - diciamo così - tranne per il dettaglio che, almeno stando alle occidentali dichiarazioni ufficiali degli ultimi anni, noi non siamo in guerra con la Russia. O forse - molto più pragmaticamente - dovremmo smetterla con questa favoletta e dire chiaramente che il conflitto c’è e lo sta combattendo in nostra vece l’Ucraina, con sacrificio di territori e uomini.
Quanto ai territori persi, basta guardare una carta geografica per conoscerne le dimensioni, più complicato è conoscere il numero di soldati persi in battaglia.
Stando, invece, a una comunicazione di qualche ora fa di Kiev, le perdite totali in combattimento delle forze russe nella guerra contro l’Ucraina dal 24 febbraio 2022 al primo dicembre 2025 ammontano a circa 1.173.920 uomini, di cui 1.060 persi nelle scorse 24 ore.
I morti russi, quelli ucraini: boh. Chi è sul campo dice che più o meno siamo lì. Un paio di milioni tra tutti e due. E questo, uscendo dalle statistiche, dovrebbe farci inorridire e ricordarci il perché di quei vincoli costituzionali che tanto, pare, ci diano militarmente “fastidio”.



