Annegare a Natale
Da Zuara non si vedono i nostri sberluccicanti alberi di Natale, ma son certo che gli smartphone libici - come qualche decennio fa le televisioni d’Albania - trabocchino del nostro lusso tracotante nei giorni della nascita del Bambin Gesù.
Quando siamo più buoni, più altruisti, più umani a parole o nei sermoni di chiese insolitamente affollate.
In 116 su 117, sono morti mentre su una qualche non barca cercavano di raggiungere le nostre luminarie, le briciole del nostro troppo, la speranza di una vita diversa.
Non sapremo quante donne e quanti uomini, quanti bambini. Nel mare si annega e il mare annega, obnubila le coscienze soprattutto di chi se le vuole fare obnubilare.
E noi siamo tramortiti da noi, dal nostro noi, da un egocentrismo rivendicato come disegno politico.
Quello che ci dovrebbe far dire “vittime” e che invece ci fa dire quanto siamo bravi a tenerli lontani dai nostri bauli pieni di sberluccicante niente.




Proprio ora sulla 7 ho visto la notizia. Ma certa gente come fa a dormire di notte? Quando i nostri ministri parlano ancora di inasprire le leggi di accoglienza, gli unici ponti che vogliono, sono quelli che un domani la mafia, farà banchetto. Questa sera andranno alla messa di mezzanotte. Don Gallo li avrebbe mandati al diavolo.